03/12/2015
 Jamma.it
  
 A Milano gli stati generali del gioco d'azzardo patologico
  
 

(Jamma) – “L’azzardo è un male comune che invece di diminuire sta purtroppo crescendo. Non è cambiato molto da quando nel 1998 abbiamo denunciato il fenomeno come una delle cause dell’usura. A me pare che di azzardo ci si ammali sempre di più. Lo Stato è ogni giorno più biscazziere. Accanto a vecchie associazioni ne stanno oggi nascendo altre con l’intendo di combattere e denunciare questa piaga. Chiediamo aiuto non ai partiti, ma agli uomini che si interessano di politica”.

Così Monsignor D’Urso (Consulta Nazionale Antiusura) in apertura del convegno “Scenari del gioco d’azzardo industriale di massa – Esperienze verificabili, responsabilità attive, proposte istituzionali” organizzato da Alea all’Università degli Studi Milano Bicocca.

“Il gioco d’azzardo industriale di massa e i suoi algoritmi. Il punto in Italia” questo il focus dell’intervento del presidente di Alea, Maurizio Fiasco, che ha spiegato: “Questo tema che non aveva una considerazione diffusa ha richiesto molti anni prima di emergere e ora richiede la paziente ricostruzione delle mille tessere del mosaico per mettere a disposizione un lavoro effettivamente utile e spendibile. 15 anni fa occuparsi di giocatori d’azzardo era un mestiere dove riversare il frutto di studi e ricerche. Ma oggi non c’è più la ritualità, il corredo simbolico, la stessa idea della fortuna di un tempo. In Italia il gioco d’azzardo è arrivato in ritardo per il processo di regimentazione industriale, era un mercato di nicchia. Il segmento clandestino era importante e allarmante ai fini dell’ordine pubblico ma assolutamente di modesta entità per quanto riguarda il popolo dei consumatori. Oggi non possiamo più parlare di gioco clandestino e gioco autorizzato ma c’è una terza figura che è quella del gioco grigio, percepito dal consumatore come legale, mentre l’illegalità sta nella manipolazione del sistema con l’impiego di tecnologia, con la corruzione, sfruttando grossi vuoti di regolamentazione. Una presenza così pervasiva rende impossibile un controllo, si parla di 420mila slot. Sfruttando tutto questo si è costruito uno spazio grigio che è il vero problema. Rispetto a 15 anni fa oggi il gioco consuma sempre più denaro e tempo di vita. Quante persone sono state osservate, trattate, prese in carico anche soltanto dai relatori di questo convegno? 4mila. Le statistiche ci dicono che i numeri reali oscillano tra i 7mila e i 13mila casi, forse non è proprio così, il fenomeno è ben più ampio. I giocatori d’azzardo patologico sono persone vulnerabili, per oltre il 95% sono pluridipendenti, hanno una struttura psicologica già predisposta, determinata da fragilità pregresse. Il gioco colma un vuoto esistenziale. Abbiamo un’unica definizione formale e istituzionale del gioco d’azzardo, e si trova nel codice penale, eppure è un consumo commerciale proposto, stabilizzato, diffuso. Serve un vero percorso terapeutico che passi da uno scrupolo scientifico” ha concluso Fiasco.

“L’individuazione della tendenza e gli sviluppi. Quindici anni dalla fondazione di Alea” il tema dell’intervento di Riccardo Zerbetto (psichiatra e psicoterapeuta, presidente onorario Alea, direttore CSTG e del Progetto Orthos). “Il gioco è una costante dell’essere umano e in quanto tale dobbiamo comunque farci i conti o è un bisogno indotto che deve essere contrastato? Questa è una domanda importante. Noi non cerchiamo solo la sicurezza, la tranquillità, il benessere, ci mettiamo anche in situazioni di sfida, quindi l’azzardo fa parte della nostra natura. C’è in noi un’alchimia che ci spinge a osare, così come per gli animali. E’ un tema societario enorme, i nostri giocatori sono a rischio quando non lavorano, la domenica pomeriggio è la loro dannazione, vivono l’ozio come il padre dei vizi. Noi siamo in balia sempre di un elemento razionale e di una ragione erratica, se sapessimo già come va a finire non saremmo attratti dall’incertezza che ci porta a continuare a giocare. L’elemento dell’imprevedibilità è parte costitutiva del gioco esistenziale. In alcune persone questo però diventa drammatico. I giocatori spesso sono persone che non spendono, ma poi buttano i soldi, paradossalmente, nel gioco. La parte giocosa non è solo da demonizzare. Mentre alcune persone sono più prevedibili e conservative, altre sono più tentate dal tentare l’impossibilità, non è una novità che esistono persone che si ritrovano dopo essersi distrutte. Il giocatore spesso ha dei problemi che vanno al di là del gioco, che comunque fa parte della naturale struttura umana e soprattutto compare nei processi di culturizzazione. E’ quindi un rischio delle culture particolarmente evolute. Proprio per questo dobbiamo creare una sana cultura del gioco e del rischio. Da parte del Governo c’è l’inevitabile accettazione che le persone giocano, in modo legale o illegale, e spesso vediamo che una politica proibizionistica crea dei corollari perversi difficilmente controllabili. Purtroppo i Monopoli nati per tutelare i cittadini dal gioco illegale sono però diventati una anomalia del gioco legale. Un conto è non vietare, altro, infatti, è promuovere, questo è uno scandalo della classe politica italiana, che miope punta solo a far cassa. Dare mano libera ai Monopoli per incrementare le proprie entrate, sfruttando le debolezze dei cittadini, è inaccettabile. Gioco responsabile si ha quando il politico, il gestore e i tecnici si siedono ad un tavole ed elaborano insieme una strategia di gioco sostenibile o responsabile. Questo purtroppo non è ancora avvenuto. Il Governo Renzi sul gioco ancora non si è pronunciato, penso questa sia una cosa grave. Dobbiamo capire se crediamo ancora sia possibile interloquire con i gestori, i concessionari dei giochi o se dobbiamo rinunciare a questa speranza e procedere con una politica di contrapposizione. Purtroppo in questi 15 anni i concessionari hanno fatto solo i loro interessi e l’unico arbitro che potrebbe contenere questa voracità, il governo, è assente nel gestire con un po’ di saggezza e lungimiranza il fenomeno” ha concluso Zerbetto.

“Le procedure e i dispositivi del condizionamento operante nella struttura del gioco d’azzardo industriale di massa” è stato invece il tema di intervento di Maurizio Avanzi (Presidente Elect e Responsabile Ser.T. Cortemaggiore). “Il gioco d’azzardo è una sfida epistemologica, non è un problema di etica, dobbiamo conoscerne le basi scientifiche. Obiettivo di chi popone il gioco d’azzardo è agganciare le persone e farle giocare a lungo, ed è la matematica che lega il giocatore, per questo quando si fa prevenzione bisogna parlare di calcolo delle probabilità. In Italia negli ultimi due decenni c’è stata una aumentata disponibilità e comoda dislocazione di tanti giochi d’azzardo, anche nel virtuale, questa fruibilità facile è uno degli elementi di rischio, così come il tentativo di normalizzare il gioco d’azzardo, con la presenza in luoghi innocui. Si tende sempre più a confondere semanticamente gambling e gaming. In Italia si chiama il disturbo da gioco d’azzardo con il termine ludopatia, esistono messaggi pubblicitari paradossali, un bambino non capisce perchè il gioco è vietato ai minori di 18 anni. Più precoce è il contatto più è facile che i giovani diventino consumatori. C’è un processo di arruolamento. L’obiettivo è tenere legati i giocatori, anche con giochi senza soldi come Candy Crush e Farmville. Per quel che riguarda gli apparecchi da intrattenimento, c’è un contratto non scritto, ad esempio, tra giocatore e slot, perché si mettono soldi e se esce qualcosa bene, altrimenti non ci si arrabbia. Con una macchinetta di bibite, se non esce nulla, ci si arrabbia eccome. E’ il rinforzo intermittente che permette alla macchina di non dare nulla lasciando che la persona davanti non abbia problemi. Il rinforzo intermittente e casuale è quello che dà maggiori attrazioni e difficoltà di estinzione del condizionamento. Quando hai imparato questa cosa non la perderai mai più. Bisogna capire che non si gioca alle slot per vincere, ma per continuare a giocare, per rimanere nella zona della macchina, dove sei felice e non pensi a nient’altro. Il disturbo da gioco d’azzardo è una dipendenza molto forte, dovuta al meccanismo di apprendimento, alla sorpresa che c’è ogni volta” ha concluso Avanzi.

“La corte più numerosa e studiata di popolo di giocatori. Esperienza e insegnamenti da Campoformido” il tema dell’intervento di Rolando De Luca (psicoterapeuta, responsabile del centro di terapia nato a Campoformido nel 1993). “L’azzardo negli anni 80′ esprimeva percentuali di patologia risibili rispetto ad oggi. E’ stata fatta una scelta di campo da parte dello Stato. Gioco responsabile? Un’illusione che porta solo formalmente al cambiamento. E’ ammissibile che si debba assistere a contraddizioni devastanti di questo tipo? Perchè non si stringe l’esecutivo alle corde? C’è un sistema che in questi 20 anni ha solo aumentato l’offerta e la pubblicità. Il compito dell’istituzione dovrebbe essere quello di tutelare la salute del cittadino, ma non credo che possa affermare questo ruolo quando essa stessa genera il problema, dopo aver indotto gli italiani all’azzardo. Se lo Stato ora, tardivamente, definisce il gioco d’azzardo come una priorità sociale (sottolineando il suo dovere di tutela della salute pubblica) c’è il rischio di un’ulteriore ambiguità. È come se dopo aver fatto piovere delle bombe per 15 anni su un paese, devastandolo, chi bombarda affermasse che è interessato alla salute di quei cittadini. Io seguo il metodo della terapia di gruppo a lungo termine, un intervento altamente professionale. Si parte dall’azzardo e poi si va ad incidere su aspetti profondi, sia personali che familiari. Attraverso le ricerche sperimentali pubblicate su riviste scientifiche viene dimostrato che calano i livelli di ansia, ostilità e depressione. Anche per questo siamo riusciti a non avere alcun suicidio. Un risultato importante. Mi occupo a Campoformido di dieci gruppi, che partono tutti dall’azzardo, oltre 280 le persone, tra giocatori e familiari, seguite ogni settimana, con risultati efficaci e documentati. Il problema non è mai il giocatore, il problema è la famiglia. Su 100 famiglie in difficoltà solo 20 possono essere intercettate da una lunga e costante psicoterapia e solo il 2% ne trae benefici. L’80% sono già destinate alla rottamazione. Questa è la realtà. Si tratta di una terapia familiare di gruppo. La durata del percorso non è determinata a priori. Le sedute sono della durata di due ore a cadenza settimanale. Un fenomeno con tali valenze individuali, familiari, sociali e culturali non si presta a soluzioni semplicistiche e peraltro finte. Chi le avanza dovrebbe esibire dei seri dati clinici e sperimentali. Così valga per tutte le altre esperienze: per confrontare informazioni rigorose e dati con quelli degli esiti della terapia di gruppo a lungo termine. Dal canto nostro, così abbiamo raggiunto dei risultati rigorosi, certi, valutati con severità. Qui da noi hanno concluso il lungo percorso terapeutico oltre centocinquanta persone tra ex giocatori e familiari. Esse vengono ancora monitorate dopo 10 anni. E solo due sono stati i casi di persone tornate all’azzardo. Le abitudini relative al gioco? Ad ottobre 2015 risulta che il 33% gioca con le newslot, nel 2000 le newslot erano a zero, è un problema di offerta. Ad oggi sono molto a rischio le donne, sono infatti pochissime quelle che chiedono aiuto e ancora meno quelle che ce la fanno. La professione dei giocatori? Il 60% sono dipendenti, il 19% autonomi e l’1% disoccupati. Non si tratta di un fenomeno che riguarda solo le persone meno abbienti, o con qualche particolare fragilità individuale o qualche altra dipendenza, ma un po’ tutti. A una persona di qualsiasi ceto sociale e senza problemi di equilibrio mentale può accadere di soffrire in modo insopportabile per un lutto in famiglia, per una malattia grave, e in quello stato d’incontrare il gioco d’azzardo, e di ricevere un effetto di distanziamento da emozioni insopportabili per lui. Se vi aggiungiamo che l’azzardo – quale droga legale e dunque “perfetta” – manda un messaggio di gratificazione, di vincita risarcitoria e facile, e che la struttura di molti dei giochi più diffusi è basata sui meccanismi di condizionamento classico ed operante è ovvio che tutto ciò fa da volano. In passato, quando le persone soffrivano per vicende simili, reagivano diversamente al trauma. Non andavano a giocarsi d’azzardo l’abitazione dove vivevano. E poi lo stato di dipendenza d’azzardo negli ultimi anni è divenuto molto più grave. Dal punto di vista clinico, da circa tre anni incontro pazienti assai più difficili da prendere in carico di quelli assistiti in quasi venti anni di esperienza di gruppi di terapia. Le situazioni sono completamente disgregate ed è molto difficile trovare un aggancio. Gli obiettivi principali di questi percorsi sono quelli di far crescere le persone attraverso le relazioni interpersonali, sono gruppi benessere che lavorano sul dialogo. Si entra come individui, si diventa gruppo e se ne esce come persone” ha concluso De Luca.

“La costruzione del servizio pubblico per le dipendenze, ovvero l’azzardo nei SerD. Dalla fase pionieristica e verso modelli matu- ri” è il tema dell’intervento di Graziano Bellio (Ex presidente Alea, Psichiatra, Psicoterapeuta, Direttore del Ser.T. di Castelfranco Veneto, Direttore Dipartimento per le Dipendenze, Azienda ULSS n° 8 di Asolo). “Nel Veneto nel 2014 la prevalenza di pazienti in carico variava dallo 0,02% fino allo 0,09% della popolazione generale. Quindi da noi il problema è poco diffuso. I gamblers, però, nel mio servizio sono una volta e mezza i cocainomani primari. I nuovi pazienti gamblers sono più numerosi delle nuove cartelle aperte di cocainomani più eroinomani. I giocatori patologici sono la terza tipologia di pazienti che abbiamo dopo gli eroinomani e i consumatori di cannabis. Tutti i gamblers sono arrivati con problemi di gioco legale. Per i servizi il conflitto di interessi da parte dello Stato ha portato a conseguenze gravi e una di queste è il blocco normativo, basti pensare che non c’è una norma dopo il Decreto Balduzzi, che almeno ha permesso il riconoscimento dell’esistenza di un problema col gioco d’azzardo. Ci sono una serie di conflitti che hanno caratterizzato gli organi centrali, come le Regioni. I servizi hanno iniziato a lavorare per loro iniziativa sul gioco d’azzardo, ma ci si aspettava una risposta più pronta da parte delle istituzioni, noi abbiamo iniziato dal 2000 col Gap e abbiamo continuato senza avere un briciolo di risorse in più. Di fronte alla necessità di trattare i giocatori bisogna mettere in moto una serie di strumenti e attività. A livello mondiale le ricerche sul Gap sono molto parcellizzate, i servizi devono organizzarsi in modo complesso facendo riferimento a ricerche di questo tipo, non ci siamo. Ci sono problematiche specifiche rispetto al gioco? Servono conoscenze molto legate anche alla cultura locale. Benchè esista un articolo che stabilisce alcune cose io quella della stabilità non la considero una legge sul gioco d’azzardo, per essere tale deve essere articolata e produrre delle risposte ai problemi. Voglio anche dire che ancora non esiste una legislazione specifica operativa nella Regione Veneto, ciò nonostante in tutti i dipartimenti del Veneto vengono presi in carico giocatori. I servizi nei 18 dipartimenti, che sono 31 in totale, sono così divisi: 5 servizi usano comunità terapeutica per trattamenti; ci sono poi 10 gruppi di giocatori anonimi e 16 gruppi di auto-mutuo-aiuto. In Veneto abbiamo quasi 1600 casi secondo i dati dei servizi. Praticamente il 7,2% dei pazienti seguiti dai Ser.T.. Una frazione non enorme ma comunque significativa. Siamo in attesa che lo Stato ci dia qualcosa” ha concluso Bellio.

“Il modello multimodale della Siipac” è il tema affrontato dal Professor Cesare Guerreschi (Presidente SIIPAC – Società italiana di intervento sulle patologie compulsive). “Ho lavorato nel campo del gioco e contemporaneamente dell’alcol. Ci sono molte similitudini, ma dato che l’istituzione pubblica non mi permetteva di seguire entrambi i campi, nel 1990 ho scelto di seguire solo quello del gioco e ho deciso di licenziarmi per iniziare un percorso nel settore privato. All’inizio non c’era nulla che parlasse di dipendenza da gioco, siamo partiti da zero. Questo tra il 1990 e il 1998. Dovevo dimostrare che il gioco era una patologia vera e propria, venni denunciato e processato, ma vinsi la causa. Tra le similitudini e le somiglianze tra dipendenza da gioco e alcol sottolineo: disperazione, dolore, sofferenza, assenza di speranza, solitudine, bassa autostima. In entrambi i casi si cerca di fuggire dalla realtà. Gli strumenti usati per il trattamento erano: terapia di gruppo, individuale, di coppa (ove possibile), tecniche di rilassamento, incontri con G.A. e Gam-Anon. Poi si è passati alla terapia multimodale, con ampliamento e consolidamento di alcuni parametri della terapia precedentemente utilizzata, alla base della quale, c’era sempe una filosofia, mettere al centro della terapia il paziente. Si sono introdotte nuove figure, nuovi interventi. La svolta si ebbe con l’apertura della Comunità Terapeutica, con un programma originale ad hoc. A livello di intervento ambulatoriale venne attivato il programma denominato Multimodale Integrato, che viene tutt’ora utilizzato” ha concluso Guerreschi.

“Lo studio professionale privato e la terapia possibile. Lavoro solitario o nodo di una rete?” il tema dell’intervento di Gianni Savron (Medico Chirurgo – Psicoterapeuta – Specialista in Psicologia Medica). “Dal gioco d’azzardo alcune parti traggono vantaggio: concessionari, gestori e Stato, una parte sicuramente perde, tranne rari casi, che non compensano comunque mai le giocate effettuate. Nel mio ambito, da libero professionista, i soggetti sebbene indebitati fanno fronte al trattamento. Sono soggetti non necessariamente abbienti, ma riescono lo stesso. Non sempre il giocatore è consapevole di quello che gli sta accadendo, nel momento in cui chiede aiuto vuole capire cosa gli sta succedendo e vuole essere compreso. Ricordo che un giocatore può essere patologico anche se non è finito sul lastrico. Si pala molto di gioco responsabile, per me sarà tale solo quando i giocatori conosceranno tutti i fattori condizionanti che vengono creati a livello di gioco, di induzione; quando alla tv vedremo trasmissioni che spiegano in che modo si condiziona un giocatore. I soggetti accompagnati dai familiari sono i più complicati da gestire, in questi casi si manifesta la maggior parte delle conflittualità, bisogna capire di volta in volta se può essere presente in seduta anche il familiare. A volte vengono solo anche i familiari, soprattutto donne, che hanno difficoltà con i mariti giocatori. Il giocatore di solito è accompagnato da un familiare, acconsente perchè si sente in colpa, la famiglia è esasperata sull’orlo della rottura, pensa che il giocatore non si impegna abbastanza per uscirne. Da un punto di vista terapeutico, ad una fase avanzata, è utile far comprendere al giocatore che viene preso in giro, il paziente si arrabbia molto, e questo con la sofferenza che il giocatore inizia ad avere per il male fatto è un ottimo strumento da richiamare” ha concluso Savron.

“Identità, formazione e skill inderogabili degli operatori dei servizi davanti al gioco d’azzardo capillare in Italia” il tema dell’intervento di Daniela Capitanucci (Psicologa, Psicoterapeuta, Presidente Onorario di AND – Azzardo & nuove Dipendenze). “L’industrializzazione del gioco d’azzardo ha generato livelli di consumo mai visti prima e quindi questo ha comportato un aumento di persone che hanno manifestato la patologia. Il gioco d’azzardo patologico può colpire tutti, non solo i fragili. Si tratta di una patologia indipendente dalla volontà della persona. E’ una patologia complessa di difficile presa in carico. Al suo diffondersi dal 1995 si è costruita altrettanta competenza clinica? La situazione è veramente sbilanciata a mio giudizio. A fronte della diffusione nel territorio del gioco d’azzardo patologico, c’è stato di pari passo un gap nella formazione degli operatori. I percorsi formativi auspicabili? Serve un lungo percorso di preparazione continua e non solo. Per trattare questa patologia bisogna essere eclettici, serve multimodalità. Serve solida preparazione di base e capacità di seguire dei protocolli, oltre a quella di integrare conoscenze e approcci diversi. Sono necessari anche tirocini pratici (clinici e sul campo), un confronto multidisciplinare, una formazione continua sulla realtà sociopolitica ed economica che fa da sfondo al gioco d’azzardo” ha concluso Capitanucci.

E’ poi intervenuto l’avvocato Attilio Simeone (Consulente Consulta Nazionale Antiusura): “Il primo problema è quello del gioco online, stiamo affrontando il gioco nella sua veste tradizionale ma gli eventi ci stanno sorpassando, parliamo delle modalità di approccio al giocatore patologico sempre riferendoci a colui che gioca a slot e vlt ma ci sfugge la questione della rete. Nei primi sette mesi del 2015 abbiamo assistito ad investimenti in termini di pubblicità per il gioco online che sono aumentati dell89% rispetto a gennaio 2015. Se vogliamo presentare alla politica e alle istituzioni strumenti validi, dobbiamo arrivare prima delle concessionarie, che sono già molto avanti. Il gioco online ci provoca, ci pone ostacoli che fino ad oggi noi non abbiamo ancora saputo affrontare in modo efficace. A cosa serve un’ordinanza di un sindaco o una legge regionale di fronte al gioco online, che non conosce confini per definizione? A cosa può servire? Al massimo a produrre qualche consenso. Sul gioco online il problema è molto serio. Le legislazioni sono talmente diverse in Europa che è difficile trovare una forma di regolamentazione comunitaria. L’UE ci dice che gli stati membri possono imporre restrizioni all’offerta di azzardo ma devono farlo nel rispetto di libertà di stabilimento e libertà di prestazione dei servizi, in modo tale che la restrizione imposta da uno Stato sia armonica con la legislazione di offerta d’azzardo in tutti gli altri Stati. I ddl sul divieto assoluto di pubblicità, ad esempio, potrebbero incontrare un serio ostacolo a livello di legislazione europea. Secondo una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea gli stati membri possono imporre restrizioni all’esercizio di gioco d’azzardo, essendo l’offerta di questi un’attività economica che può comportare oggettivamente conseguenze pregiudizievoli per la collettività e per l’ordine pubblico. Perchè l’UE non può adottare un regolamento o una direttiva? Perchè sussistono tra gli stati membri divergenze considerevoli, spetta a loro in definitiva valutare in base alla propria scala di valore le misure necessarie. L’obiettivo della tutela del consumatore contro la dipendenza del gioco è in linea di principio difficilmente compatibile con una politica del gioco d’azzardo, una politica di espansione controllata può risultare coerente. La pubblicità va contenuta a quanto necessario per incanalare i consumatori verso reti di gioco controllate. Servirebbe un codice civile europeo. Forse sarebbe il caso di imporre a tutti i concessionari un codice di autodisciplina e autoregolamentazione sulla scorta del modello della tutela dei minori per le situazioni relative alla pedopornografia. Perchè quel codice prevede oltre che un comitato di garanzia delle hotline, cioè numeri attraverso i quali segnalare eventuali comportamenti scorretti, e devo ammettere che funzionano” ha concluso Simeone.

“L’esperienza dei Comuni in lotta contro l’azzardo senza limiti. Il gioco d’azzardo nel territorio e la risposta regolativa e sociale dello Stato e delle comunità locali” è stato invece il tema dell’intervento di Paolo Jarre (Direttore del dipartimento patologia delle dipendenze Asl To3). “Sono stati stanziati con la finanziaria di quest’anno 50 milioni di euro per il contrasto al gioco d’azzardo patologico, ma nessuno li ha ancora visti. Si diceva che per gli enti locali era impossibile proteggersi dall’azzardo, perchè lo Stato ha riservato a sé l’esercizio di alcune attività, tra cui quella del gioco, ma le cose stanno cambiando. Gli apparecchi automatici sono quelli su cui è più facile esercitare un controllo e nonostante l’espansione del gioco online tuttora rappresentano più di metà del fatturato globale del gioco d’azzardo e oltre i tre quarti dei giocatori patologici che arrivano ai nostri servizi. La resistenza degli enti locali è iniziata nel 2004, il primo Comune fu quello di Pioltello. Si pensava ad agevolazioni fiscali ed altro per chi rinunciava alle slot, proprio come oggi. Il regolamento fu fatto ma incontrò subito il giudizio negativo del Tar Lombardia. Venne fatto un tentativo successivo con 1500 euro di bonus per chi rinunciava alle slot, ma nessun esercente aderì. Nel 2007/2008 si inizio a sperimentare un modello di gioco responsabile con un lavoro che si focalizzava sulla formazione di esercenti, amministratori e operatori, educazione nelle scuole e monitoraggio epidemiologico. Nel 2010 si inizia a vedere la stagione delle regolamentazioni comunali, nascono infatti diverse ordinanze in materia. Viene sancito che la dislocazione dei luoghi di gioco e le limitazioni orarie sono importanti per un progetto armonico di gioco responsabile. Avere stabilito che i sindaci possono intervenire in questo ambito è molto importante, perché ci potrà essere un ulteriore inasprimento di questi interventi. Ad oggi poche Regioni hanno fatto le cose seriamente. L’unica è la Regione Lombardia, che ha stanziato un milione e 200mila euro” ha concluso Jarre.

Ha quindi preso la parola Mauro Croce (Ex presidente Alea, Psicologo, Psicoterapeuta, Criminologo Responsabile Servizio Educazione alla Salute Distretto Sanitario di Omegna) che si è concentrato sull’addiction e il rapporto con la pubblicità, la sua evoluzione negli anni, tendente a formare oggi per creare i giocatori del futuro. “Viviamo un’industria del gioco che sta creando delle forme di assorbimento. Il gioco d’azzardo ormai è una fuga, la bolla, noi in Italia abbiamo dei giochi molto attraenti, appetitivi, accessibili. C’è una sospensione del legame sociale, un rifugio della mente per una realtà insostenibile. Esperienze dissociative, le persone cercano una fuga, un’evasione. Importante anche il tema di internet. Il rapporto tra gambling e nuove tecnologie, i game sono diventati gambling, giochi d’azzardo, i genitori pensano che il figlio stia giocando a un gioco, invece è azzardo. I Bingo per bambini su Facebook, i casinò, le scommesse. Nel gioco d’azzardo c’è la perdita di senso, non ci sono altre cose, nonostante chi fa parte dell’industria dell’azzardo tenti di dire altro”.

Il presidente Alea, Maurizio Fiasco, ha poi spiegato: “Il gioco d’azzardo patologico e il fenomeno che oggi si presenta va ormai posto al di fuori di una fase esplorativa, bisogna passare alla demistificazione della struttura degli esiti e degli scenari del gambling, che ormai è arrivato a una fase piuttosto matura. Denunciamo oggi un vuoto di regolazione e di responsabilità istituzionali, ci si trova esposti ad una offerta dove la persona non può contare su una effettiva protezione dell’ordinamento statale. Alle Regioni va riconosciuto uno spazio appropriato per le competenze in tema di welfare, salute, polizia amministrativa locale evitando conflitti di competenza ingiustificabili. I Monopoli devono tornare alla loro originaria funzione regolativa di repressione del gioco illegale, interrompendo la logica aziendalista che porta alla promozione del gioco d’azzardo legale. Serve trasparenza e fine dell’embargo dei dati. La disponibilità delle informazioni va resa massima anche nei dettagli sulle strategie delle lobby e dei gruppi di pressione. Si auspica la convocazione di un tavolo di discussione operativa tra Presidenza del Consiglio, Ministeri competenti e il DPA”.

In conclusione è intervenuto Renato Balduzzi (giurista, accademico e politico italiano, professore ordinario di diritto costituzionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Esperto di diritto costituzionale della salute e di diritto sanitario, è stato Ministro della salute del Governo Monti), che ha fatto una riflessione di diritto costituzionale su gioco d’azzardo e democrazia: “Tra Stato e Regioni di chi è la competenza? Fino ad un certo punto la Corte Costituzionale dice è dello Stato, perchè la materia è tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, ci sono un po’ di pronunce negli anni 2000 che vanno in questa direzione, ma c’è poi una svolta nel 2011, dove la Corte dice chiaramente che l’unico bene tutelato non può essere la sicurezza e l’ordine pubblico, ma anche la sicurezza dei minori, della salute, forse anche la tutela delle persone più fragili. E infine la sentenza dell’anno scorso, la sentenza Amato, dove si inizia a cambiare definitivamente orientamento. Cosa succederà? Probabilmente molto dipenderà in futuro dal contesto culturale, la partita è aperta”.

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