Il libro “Perché il gioco d’azzardo rovina l’Italia” di Daniela Capitanucci e Umberto Folena ha il pregio fin dal titolo di essere chiaro. Il lettore potrà immergersi in pagine dalla prosa scorrevole che pur trattano temi relativi all’azzardo in modo rigoroso, competente e con dovizia di particolari. È un libro che tutti, non solo giornalisti, politici e professionisti della salute, dovrebbero leggere per comprendere l’azzardo al di là delle veline istituzionali sfacciatamente di parte.
D’altra parte tra il 2014 e il 2019 il fatturato dell’azzardo legale in Italia è passato da 84,5 a 110,5 miliardi di euro, con una crescita incredibile del 30%. Sono cifre che non hanno bisogno di alcun commento, di nessuna ulteriore ricerca epidemiologica, di discussioni pro o contro: si commentano da sole e delineano una situazione che coinvolge drammaticamente, con le ovvie conseguenze, tutti i nostri territori.
Oltre alla storia dell’azzardo fin dall’antichità, vengono approfonditi punti tutt’altro che ovvi quali la differenza tra azzardo e gioco, il paradigma del “gioco responsabile”, la gestione del fenomeno da parte dello Stato, che non è arbitro ma è il maggior azionista della squadra che lo propone e lo difende.Così che in oltre vent’anni di colonizzazione del territorio nazionale, la striminzita piantina che l’azzardo era negli anni Novanta è diventata un gigantesco baobab che con i suoi rami e foglie adombra l’intera penisola. Con tutte le sciagurate conseguenze economiche, sociali, familiari e personali che ciò ha comportato, comporta e comporterà: un disastro annunciato che oramai l’abolizione della pubblicità, pur di fondamentale importanza, può solo blandamente frenare.
Interessante l’appendice dedicata all’azzardo ai tempi del coronavirus, che ha portato a una paradossale riduzione del problema, seppur sia ahimè facilmente intuibile come esso si ripresenterà più pervasivo di prima a pandemia estinta.
Meritava forse un maggiore approfondimento il tema relativo all’intervento per i giocatori e le loro famiglie da parte delle Istituzioni e del privato sociale. Se da una parte si stigmatizza che lo Stato sia il maggior azionista dell’Azzardo e al contempo finanzi campagne per la prevenzione e per la cura dei giocatori patologici, dall’altro sarebbe stato utile approfondire i concetti di terapia e di intervento che ad oggi, con le dovute distinzioni, sono assolutamente insufficienti in ambito pubblico, privato sociale e privato, essendo in molti casi rimasti solo sulla carta. Quando una città viene bombardata non si parla di prevenzione né si interviene con pannicelli caldi. Di fronte a una dipendenza pandemica che riguarda, tra giocatori patologici ed i loro familiari, milioni di persone è necessario predisporre strutture terapeutiche complesse e continuative.
La sola presa in carico, con trattamenti riduttivi e veloci (spesso in strutture di auto-aiuto e quindi non professionali) diventa complice di un sistema in cui il cittadino non può usufruire dei percorsi altamente professionali di cui questa patologia necessita. A fronte di dieci miliardi di entrate lo Stato reinveste nella cura soltanto briciole. E questo avviene in tutti gli stati dove l’azzardo è legale, non solo in Italia. Ma d’altronde lo Stato non è terzo, le ingenti entrate derivanti dall’azzardo sono essenziali, e di conseguenza al di là di prese di posizione di facciata ne difende gli interessi, non curandosi della sostanziale risoluzione del problema. Questo libro ha tuttavia il pregio di sensibilizzare e coinvolgere i cittadini di buona volontà in un’ardua resistenza civica contro una piaga che causa un danno indotto a tutta la popolazione. Più passa il tempo più l’azzardo legale in questo Paese diventa una potenza difficilmente contrastabile. Talvolta, pur in un paese democratico, la commistione con il potere e gli interessi economici determina un cortocircuito che confonde quanto invece, come ben delineato in questo libro, è così inequivocabilmente chiaro.
Terminata la lettura viene spontaneo domandarsi “ma è possibile che in un’Italia democratica e in un’Europa rispettosa dei diritti si possa assistere nel 2020 a nefandezze di questa portata?”